• Voices of Haiti in New York – Ultimo giorno

    Rush finale. Dapprima l’esperienza di una mattinata alla “Frank Sinatra School of the Arts” fondata da Tony Bennett, poi l’ultimo impegno, sul palco del Metropolitan Ballroom, per il Clinton Global Initiative. La giornata si apre, sotto una pioggia autunnale, in un tuffo nei ritmi scolastici di poco meno di un migliaio di colleghi studenti americani, lungo i cinque piani della moderna struttura pubblica del New York City Department of Education. Un luogo che trasuda arte e adolescenza, un’occasione per curiosare tra le aule, salutare i ragazzi, ascoltare brevi momenti di esercitazioni di coro e d’orchestra, visitare i laboratori, osservare al lavoro questa incubatrice di talenti tra strumenti musicali, creta modellata, aule specchiate per la danza e sessioni di disegno. Ma il momento d’incontro più emozionante, dopo la condivisione del pranzo nella mensa scolastica, è stato nella “Tony Bennett Concert Hall”, dove le nostre “Voices” si sono raccontate, sul palco, per voce del suo direttore, Malcolm J. Merriweather, il quale ha descritto il percorso didattico ed esistenziale dei bambini ed ha introdotto i collaboratori haitiani al progetto (che a loro volta si sono esibiti, proponendo pagine solistiche). Un tifo da stadio, un’accoglienza affettuosa e allegra ha ritmato l’intera esibizione, che ha visto le “Voices of Haiti” offrire un’ampia selezione del loro repertorio, poi i ragazzi statunitensi ricambiare la cortesia, con un breve concerto vocale. Dopo questa iniezione di entusiasmo, che siamo certi nutrirà i sogni dei bambini haitiani – e la forza per perseguirli – un ultimo sforzo, un ultimo palco di fronte ad una platea importante (ancora una volta accanto ad Andrea), quello del “Clinton Global Citizen Awards” nell’ambito del Meeting annuale CGI 2016 organizzato dalla Clinton Foundation. L’avventura si chiude, si apre il futuro dei nostri coristi. Una simile esperienza chiede la giusta lentezza per essere assorbita e compresa, per essere utilizzata al meglio, in questi cuori entusiasti e probabilmente confusi da così tanti stimoli, bambini che rientrano in famiglia portando negli occhi un bagno di musica e di affetto, e sostanzialmente un mondo nuovo e diverso che ha improvvisamente e vertiginosamente accresciuto il loro bagaglio umano. Ai loro educatori, allo staff St. Luc e ABF, il compito di condurli per mano, lungo un percorso di crescita che possa capitalizzare al meglio tale e tanta ricchezza esperienziale. Tempo di saluti, di abbracci, di lacrime, di promesse. È stato un battesimo di fuoco, ha richiesto una macchina organizzativa estremamente complessa e soprattutto ha richiesto ai bambini un grande senso di responsabilità, disciplina ed anche qualche sacrificio. La prova è stato superata in scioltezza, le “Voices of Haiti” da oggi sono una realtà, hanno saputo sostenere palcoscenici difficili (che per molti artisti – i più – rappresentano il coronamento d’una carriera) e sono pronte a nuove sfide. Nel 2017, il calendario prevede performance al Madison Square Garden, a Miami ed in Europa: altre occasioni, per questi e per altri bambini di Haiti, di conoscere, studiare, sognare, condividere nuove esperienze, costruire il futuro loro e della loro terra. Per chi ha avuto l’onore di stare loro accanto, per chi ha avuto la pazienza di leggere e seguire la tournée attraverso questi piccoli appunti di viaggio, resta, ancora più forte e rigenerante, la certezza che la nostra casa, la nostra famiglia è il mondo intero. Che i bambini sono, tutti, anche figli nostri. Come ci ricorda Andrea Bocelli, non occorre essere altruisti per aiutarli. Basta comprendere che il loro futuro ci riguarda e ci coinvolge.

    Giorgio De Martino

  • Voices of Haiti in New York – Giorno 5 e 6

    Prendersi cura delle persone e far così la differenza, nella storia degli altri. La volontà o meno di prendersi cura del prossimo divide il mondo in due categorie: chi nutre questo slancio e si pone di fronte all’altro (non sopra né sotto, di fronte), per comprendere come e cosa sia possibile fare per lui, e chi no. È il senso del richiamo, preciso e concreto, dell’omelia di Padre Rick Frechette, nume tutelare della fondazione St. Luc, fonte inesauribile d’ispirazione per tutti e naturalmente per ABF: un «eroe dei nostri giorni», come l’ha definito due giorni orsono Andrea Bocelli, nel corso di un pubblica intervista. Domenica mattina, Church of the Blessed Sacrament: nelle prime file, i coristi haitiani, un tripudio di tuniche rosse e blu, poi Andrea, Veronica e centinaia di fedeli. Il weekend delle “Voices of Haiti” è dedicato al riposo e alla scoperta di New York. Ieri, un tuffo nell’ombelico del mondo, una passeggiata fino a Times Square, poi le corse sotto il sole settembrino a Central Park, l’allegra baraonda di “Little Italy”, infine Broadway, dove i nostri piccoli ospiti hanno potuto vivere l’esperienza indimenticabile del musical “Lion King”. La notizia dell’attentato a Manhattan ci raggiunge (e ci scuote) mentre siamo ancora in teatro. Per fortuna gli aggiornamenti sono meno drammatici del previsto. Inoltre i timori di una città blindata si rivelano eccessivi e il rientro in albergo si svolge senza particolari ritardi. L’indomani, dopo la Santa Messa, coronata dal canto di Andrea e del coro, dopo una festosa colazione in sacrestia, altre esperienze memorabili aspettano i piccoli musicisti haitiani. Un viaggio per mare fino alla Statua della Libertà, una crociera del tutto speciale (uno dei molti regali che un grande amico di Andrea, del coro e di Haiti, Bob Book, ha donato), poi la vista mozzafiato dal “Top of the Rock” del Rockefeller Center. Parla chiaro, nel corso dell’omelia, Padre Rick. Lui d’altronde, medico e sacerdote che da oltre un quarto di secolo è quotidianamente ed instancabilmente sulla barricata, a celebrare e difendere la vita, in chiesa come in sala operatoria, è abituato ad andare all’essenza delle cose. Dall’altare della chiesa nell’Upper West Side di Manhattan, lancia un forte richiamo all’impegno morale, per dare tutti il nostro contributo. Attinge alla fonte inesauribile del Vangelo, per rimarcare come chi fa bene le piccole cose, farà bene anche le grandi… Accenna al proprio vissuto di pastore e medico, parla di come tante persone di buona volontà – e tra queste, anche Andrea e Veronica – abbiano preso a cuore il futuro dell’isola… E da piccole cose, ne hanno fatto via via di sempre più grandi. Grandi quanto la ribalta delle Nazioni Unite, del Lincoln Center, del Radio City Music Hall, del “Cipriani”… E domani, della “Clinton Global Initiative”. Padre Rick cita uno dei mille casi di vita vissuta, racconta di una famiglia haitiana, afflitta da gravi problemi di salute e indigenza, e di come la vita dei loro membri sia cambiata clamorosamente, solo perché c’è stato chi si è preso cura di loro, e li ha aiutati concentrandosi dapprima sul “come”, poi agendo. Anche i bambini del coro provengono da situazioni familiari fragili e complesse. Dagli slum di Port au Prince ai Gala esclusivi a Manhattan, magari alla presenza di famiglie reali, il tragitto sembrerebbe immenso, la connessione, impossibile. Viceversa, una relazione virtuosa è non solo possibile ma auspicabile. E può fare la differenza, nella storia di questi e di tanti altri bambini. Perché dove c’è la volontà (di prendersi cura), c’è la via.

  • Voices of Haiti in New York – Giorno 4

    A poche ore dall’Assemblea Generale, che qui riunirà i capi di stato di mezzo mondo, tra le mura del Palazzo di Vetro risuona l’inno haitiano. Al controllo della security delle Nazioni Unite non fanno passare neppure il piccolo strumento multiuso (vagamente associabile a un temperino) che il nostro cameramen ha incautamente portato. E però, indenne a qualunque metal detector, passa l’idea, passa la forza impetuosa dei piccoli cantori ABF e S. Luc, atipici guerrieri specializzati nel mirare al cervello e al cuore, pronti a colpire. La loro è «l’unica grande rivoluzione auspicabile», come ricorderà Andrea Bocelli, chiamato ad intervenire sia alle Nazioni Unite, sia – nel pomeriggio – in chiusura del secondo “Global Exchange”: «Facile verificare una differenza talvolta insopportabile, tra ricchezza sfrenata e povertà più dura. Chi ha a cuore di poter migliorare il mondo deve far crescere in sé una grande idea rivoluzionaria… Non quelle che la storia ha già conosciuto, costate un prezzo altissimo in termini di vite umane e, una dopo l’altra, miseramente fallite. Parlo dell’unica rivoluzione possibile: quella interiore, che dobbiamo operare in ciascuno di noi. I piccoli cantori delle “Voices of Haiti” sono pronti, hanno voglia di combattere per il loro popolo e fare della terra un luogo migliore… E noi dobbiamo essere al loro fianco». Musica come grimaldello, come strumento di sviluppo… Cultura e bellezza come strategie di metodico sabotaggio d’ogni rassegnata stagnazione, d’ogni sopruso che l’ignoranza genera o permette. Musica per far fiorire, per rendere feconde queste piccole bellissime anime, che provengono da una realtà così complessa e distante. «Oggi ci commuovono, domani ci stupiranno – ha aggiunto il fondatore ABF – questi bambini che ci donano bellezza e che in più ci ringraziano, con la luce dei loro sguardi, con l’espressione stupita dei loro visi, sono la speranza di un popolo, di una terra flagellata da tante calamità. Il seme di questo loro cammino intrapreso, potrà trasformare il loro paese». Dopo una giornata campale, di corsa al “Cipriani”, dove in serata le “Voices of Haiti” hanno cantato al “Thank You Gala Dinner” organizzato dalla World Childhood Foundation, alla presenza della principessa di Svezia. Poi le foto ricordo, poi la tensione che improvvisamente si stempera, quando in incontenibile allegria, quando in un pianto liberatorio…Prima che la notte e i sogni, con calma, inizino a fare il loro lavoro, a rielaborare ed alleggerire questi piccoli cuori, di tante, potenti emozioni.

  • Voices of Haiti in New York – Giorno 3

    Semi. Così li ha descritti Bocelli, dopo un’ubriacatura di abbracci al “Jazz at Lincoln Center”. In sala prove, i bambini cantano per lui e lui poi per loro. Semenza preziosa, per il futuro della loro terra, queste “Voices of Haiti” che ieri hanno fatto alzare in piedi l’intera platea al “Global Exchange”. Nei loro cuori, latente, c’è già l’isola come sarà domani, mentre ciò che oggi diamo loro – ricorda Andrea – è giusto terra fertile dove poter germogliare, ed ampliare l’orizzonte dello sguardo, per innescare quei voli di cui, in verità, sono già capaci, e di cui prendono via via coscienza. Della forza pacifica dell’arte, che possiamo applicare nel quotidiano, parla il secondo Global Exchange. L’inaugurazione è un tripudio di apporti creativi: provenienti da mondi lontani, narrano però, immancabilmente la medesima storia: di azione e reazione, contro la sopraffazione, contro la guerra e la sua prepotenza. Il coro della Andrea Bocelli Foundation, in partnership con la Fondazione St Luc, ha affrontato il primo pubblico della propria carriera. Poco prima, al “trucco e parrucco”, con paziente allegria, vivono le pause forzate e profittano della complicità del videomaker per scatenarsi a ballare sulla musica rap che esce dal suo telefonino. Accanto ad Andrea, il coro “Voices of Haiti” ha fatto ciò per cui Andrea è amato nel mondo: ha messo il cuore nella voce ed ha inondato la platea d’una emozione che, dopo “Amazing Grace”, ha bagnato le guance di tanti. Subito dopo, una corsa al “Radio City Music Hall”, incrociando “sconosciuti” del calibro di Tony Bennett e cantando nuovamente, di fronte ad una platea ancora più grande, nel mulinello di un giro di valzer tra le stelle della Grande Mela. Meglio non fermarsi troppo a pensare, quali e quante ribalte questi bambini – cresciuti alla scuola amarissima degli slum – stiano espugnando, con la serietà e la grazia che tanto somiglia al loro mentore italiano. Per bilanci ed eventuali celebrazioni, c’è tempo. Adesso, è il momento di tener duro e continuare a cantare: non c’è modo migliore, per dire e fare, ciò che il “Global Exchange” sta ricordando al mondo: l’arte è tale, se è per il bene.

  • Voices of Haiti in New York – Giorno 2

    Un palcoscenico vero, un palcoscenico immenso: il Radio City Music Hall abbraccia i piccoli cantori di ABF e S. Luc. Dietro, un’orchestra su tre livelli, circondata da colonne che diventano schermi; davanti, seimila poltrone; accanto, Andrea, giunto questa notte dall’Italia. Il count down per il debutto delle “Voices of Haiti” è ormai ad una cifra sola. Una manciata di ore, poi l’inaugurazione del “Global Exchange II” al Lincoln Center, e subito dopo, la partecipazione ad uno show che farà la storia, per i 90 anni di Tony Bennett. E domani, altre ribalte, dalle Nazioni Unite alla Childhood Foundation. La dedica augurale al grande crooner, sulla sinistra del palco del “Radio City”, suggerisce come “The best is yet to come”, e sembra parlare anche ai nostri ragazzi: non c’è frase migliore, per ognuno di loro, per questi piccoli guerrieri serissimi e sorridenti, cui non togli il buonumore e l’entusiasmo neppure dopo tante ore di prove. Il Maestro Eugene Kohn, nume tutelare del progetto, finalmente incontra le “Voices of Haiti”, al decimo piano del Lincoln Center. Molti anni fa, non lontano da qui, era seduto al pianoforte per accompagnare Maria Callas; oggi abbraccia i suoi giovani amici e quasi colleghi. Il sole settembrino illumina i percorsi della delegazione haitiana, in un’affollatissima eppure placida Manhattan. L’aria condizionata è l’antagonista, è il “cattivo” (ogni storia che si rispetti ne ha uno), ma a parte due o tre coristi che hanno ricordo ad un anti influenzale, non ha avuto la meglio. Eppure ieri sera, improvvisamente, una pioggia pesante aveva fatto il bagno a tutti, a Midtown. Raggiunto il pullman, noi “grandi” eravamo acciaccati pulcini, bagnati e piuttosto seccati. Loro invece, se possibile erano ancora più allegri, e continuavano a dire “è la benedizione del cielo, il cielo benedice questa nostra avventura”. Impossibile, non dar loro ragione.

  • Voices of Haiti in New York – Giorno 1

    Eccoli, finalmente. Per una settimana New York avrà la loro voce: ricorderà al mondo, in musica, la forza dirompente dell’educazione, della cultura, dell’arte, cruciali per superare le barriere poste da indigenza e diseguaglianze. A poche ore dal debutto, le “Voices of Haiti” prendono le misure con un’altra vita, così diversa dalla loro ma in fondo così uguale, perché ovunque si possono avere ottimi motivi per sorridere, per far spazio nel cuore, ed accogliere con allegria e stupore persone nuove, situazioni nuove. Se i loro occhi brillano già come fanali sotto la luce dei Caraibi, nella prima serata newyorkese acquisiscono una luce del tutto speciale… Dentro, trovi la vertigine per così tante novità, tutte in una volta, trovi la curiosità e la buffa stranezza nel guardare un cielo non pieno di stelle ma di altre luci e finestre e sagome di grattacieli. L’eccitata meraviglia dei nostri piccoli musicisti in erba, però, non pare confonderli, più di tanto non li distoglie… Più che le cose, il loro caparbio desiderio è conoscere, salutare, scoprire il nome (e, sempre, sempre, abbracciare) le persone. Ti guardano negli occhi e riescono a vedere il bambino che sei stato. Festeggiano che sei, che siamo tutti, dentro la vita, e aspettano – e fremono – che anche tu abbia tempo e voglia di ricordarlo, e che tu possa unirti alla festa.