Voices of Haiti in New York - Day 3

Semi. Così li ha descritti Bocelli, dopo un’ubriacatura di abbracci al “Jazz at Lincoln Center”. In sala prove, i bambini cantano per lui e lui poi per loro. Semenza preziosa, per il futuro della loro terra, queste “Voices of Haiti” che ieri hanno fatto alzare in piedi l’intera platea al “Global Exchange”. Nei loro cuori, latente, c’è già l’isola come sarà domani, mentre ciò che oggi diamo loro – ricorda Andrea – è giusto terra fertile dove poter germogliare, ed ampliare l’orizzonte dello sguardo, per innescare quei voli di cui, in verità, sono già capaci, e di cui prendono via via coscienza. Della forza pacifica dell’arte, che possiamo applicare nel quotidiano, parla il secondo Global Exchange. L’inaugurazione è un tripudio di apporti creativi: provenienti da mondi lontani, narrano però, immancabilmente la medesima storia: di azione e reazione, contro la sopraffazione, contro la guerra e la sua prepotenza. Il coro della Andrea Bocelli Foundation, in partnership con la Fondazione St Luc, ha affrontato il primo pubblico della propria carriera. Poco prima, al “trucco e parrucco”, con paziente allegria, vivono le pause forzate e profittano della complicità del videomaker per scatenarsi a ballare sulla musica rap che esce dal suo telefonino. Accanto ad Andrea, il coro “Voices of Haiti” ha fatto ciò per cui Andrea è amato nel mondo: ha messo il cuore nella voce ed ha inondato la platea d’una emozione che, dopo “Amazing Grace”, ha bagnato le guance di tanti. Subito dopo, una corsa al “Radio City Music Hall”, incrociando “sconosciuti” del calibro di Tony Bennett e cantando nuovamente, di fronte ad una platea ancora più grande, nel mulinello di un giro di valzer tra le stelle della Grande Mela. Meglio non fermarsi troppo a pensare, quali e quante ribalte questi bambini – cresciuti alla scuola amarissima degli slum – stiano espugnando, con la serietà e la grazia che tanto somiglia al loro mentore italiano. Per bilanci ed eventuali celebrazioni, c’è tempo. Adesso, è il momento di tener duro e continuare a cantare: non c’è modo migliore, per dire e fare, ciò che il “Global Exchange” sta ricordando al mondo: l’arte è tale, se è per il bene.